Un tale gli corse incontro e gettandosi ai suoi piedi …


Le letture della chiesa cattolica di oggi 14 ottobre 2012

Oggi ho accompagnato mio figlio alla messa domenicale e ho ascoltato le letture di questo giorno. Mi sono sempre chiesto con quali criteri il liturgista scelse quali temi e quali argomenti trattare, e quali passi delle sacre scritture scegliere per argomentarli. Alcune volte non sono riuscito a trovarvi delle connessioni, altre volte si.

Per chi è andato oggi a messa, una lettura parlava di Sapienza, un’altra di Parola come lama a doppio taglio e infine il Vangelo, in cui “un tale”, chiede ad un Maestro, cosa fare per avere in eredità la vita eterna.

Spienza: Parola di Dio — Parola dell’Uomo.

Per chi studia l’opera di Rudolf Steiner, la parola “sapienza” (Sophia) è molto importante, ma l’apporto di Steiner in questo tempo attuale, è stato quello della “Sapienza dell’Uomo” (Antroposofia), che si aggiunge alla “Sapienza di Dio” (Teosofia), che dall’inizio guida il mondo.

Salomone, figlio di re David, uno degli uomini più sapienti del passato, che fece costruire il Tempio di Gerusalemme in base a geometrie sacre, è anche l’autore della prima lettura in cui paragona la Sapienza all’oro: “tutto l’oro a suo confronto e come un po di sabbia“. Lui sta parlando della Teosofia perché a quel tempo gli uomini ancora non avevano sviluppato una coscienza razionale, come si iniziò a sperimentare con Aristotele. Ancora il suo maestro Platone, vedeva le idee aleggiare sopra di lui, vedeva la “sapienza di Dio”. Così pian piano, gli uomini hanno iniziato a perdere questa capacità di visione del divino, ma è subentrata la capacità di osservazione razionale dei fenomeni del mondo.

Salomone diede l’incarico di costruire il Tempio di Dio al suo costruttore Habif Hiram. Mario Iannarelli (antroposofo romano), ricorda la suddivisione tratta dalla Bibbia, tra due correnti evolutive: I Figli di Dio e i Figli degli uomini:

Brano tratto da Nessi esoterici del testamento spirituale di Rudolf Steiner:
Nella seconda serie di incarnazioni, indicate all’inizio del primo capitolo, incontriamo quel Lazzaro che diverrà il “discepolo amato dal Cristo”, ossia iniziato direttamente dal Sacerdote-Cristo. Seguendo a ritroso le incarnazioni di questa individualità, incontriamo quella precedente, importantissima, di Hiram
Abiff, l’ideatore e costruttore del Tempio di Gerusalemme, voluto dal re d’Israele Salomone. Per conoscere a fondo questo essere e la sua opera, dovremmo leggere tutto il volume La Leggenda del Tempio e la Leggenda aurea (O.O. N° 93).
Qui ci limiteremo a dire che, in queste conferenze, Steiner descrive le qualità opposte dei due atteggiamenti in cui si è divisa, dopo Adamo, l’anima umana, atteggiamenti incarnati dai figli di Dio (Abele, Set ecc.) e dai figli del mondo (Caino, Tubal Caino, ecc.).

Ma leggiamo dalla conferenza del 22 maggio 1905: «Secondo il mito [La Leggenda del Tempio], all’inizio del genere umano abbiamo due correnti: una è quella dei figli di Caino, generati da uno degli Elohim con Eva; sono i figli del mondo, presso i quali troviamo le grandi arti e le scienze; è la corrente messa al bando, che deve venir santificata dal Cristianesimo quando verrà il tempo della quinta parte costitutiva umana. L’altra corrente è quella dei figli di Dio, che accompagna gli uomini fino all’affermazione della quinta parte costitutiva. Sono quelli generati da Adamo. Poi vennero chiamati i figli di Caino, affinché si richiudesse in un solo involucro [il Tempio] ciò che i figli di Dio, i figli di Abele-Set, avevano creato». Poco prima Steiner aveva spiegato che cosa s’intende per “quinta parte costitutiva”. È necessario, pertanto, riportare quanto detto in quell’occasione, prendendolo da un momento precedente della stessa conferenza:
«Al centro degli insegnamenti dei Templari [ossia i “costruttori di templi” che erano, al loro tempo, i continuatori della stirpe dei Cainiti, come i “Massoni” o “Muratori”] veniva onorato un elemento femminile. Lo si chiamava la divina Sofia, la saggezza divina. Manas è la quinta parte costitutiva, il sé spirituale umano, che deve sorgere, e al quale va eretto un Tempio. Come il pentagono del portale del Tempio di Salomone caratterizzava l’uomo con le sue cinque parti costitutive, così l’elemento femminile caratterizzava la saggezza divina del Medio Evo.

Quindi Habif Hiram era un Figlio degli Uomini (un Cainita). Ma che centra con questa storia?

Qualche mese fa ho letto il libro della Stigmatizzata di Berlino Judith von Halle Judith von Halle dal titolo “E se lui non fosse risorto”, che non riesco a ritrovare per inserirvi la citazione, in cui lei diceva di aver riconosciuto nel volto del ragazzo che si getta ai piedi di Gesù, proprio quel Lazzaro che divenne il discepolo che Gesù amava.

Quel tale che quel giorno se ne andò triste da Gesù, ci piace pensare che ebbe modo di correggere quel suo attaccamento ai beni, e lui fu il primo che passò dalla Sapienza di Dio alla Sapienza dell’Uomo. Dopo la morte, un cui morì anche quell’attaccamento ai beni, Lazzaro risuscitato da Gesù, incorporò in sé, l’anima di Giovanni Battista, e fu chiamato Giovanni, scrisse il vangelo di Giovanni e l’Apocalisse, morendo in tarda età (99 anni sull’isola di Pathmos).

Cosí si espresse Steiner nella conferenza del 27 maggio 1923 (O.O. N° 225): «Con lui [Lazzaro] cominciò la corrente del centro che si trovava tra la corrente di Caino e la corrente di Abele». L’evento che, come un dono precoce, Paolo aveva sperimentato a Damasco per diffondere il Cristianesimo, fu rivissuto in maniera simile anche da Christian Rosenkreutz, e ciò lo collega a quel luogo, fisico e sovrasensibile, che vide la gloria di Elia-Giovanni. Uscire da Gerusalemme, attraverso la “porta” che dà verso Damasco, è una potente immagine archetipica. Gerusalemme sta in Giudea, nella terra di Giuda, in un territorio arido (polarmente contrapposto a quello della Galilea, ricco d’acqua, verdeggiante e fertile), completamente segnato da serpeggianti solchi che richiamano le circonvoluzioni del nostro cervello.
Non a caso la morte del Golgotha (o cranio) si è consumata in quel luogo, anche nel nostro cranio-
Golgotha, a causa del nostro pensare, continuamente avviene morte e uccisione. Uscire da Gerusalemme equivale a venir fuori dal corpo fisico, in particolare dal cervello ove muore la vita del pensare; la porta verso Damasco è il varco per lo Spirito meditante, teso a raggiungere la mèta. La meta-Damasco, attraverso Elia, Paolo, Christian Rosenkreutz, aspetta tutti noi, soprattutto dal ritorno del Cristo in eterico, con la sua sfolgorante luce di vita eterna.
Anche da questo possiamo vedere che l’individualità di Christian Rosenkreutz è stata, è e rimarrà in diretta collaborazione con l’individualità di Elia/Giovanni Battista. Possiamo anche considerare che l’esperienza di Damasco, come evento archetipico, attende tutti gli uomini che, preparatisi a ciò, vorranno entrare in diretto rapporto con il Cristo eterico, così come annunciato dal Bodhisattva Maitreya. Anche qui vediamo come l’esperienza di Damasco colleghi tra loro le missioni di Lazzaro, di Christian Rosenkreutz e di Elia-Giovanni (ossia del Bodhisattva Maitreya), missione che ai nostri tempi, in unione con Michele, tende a rendere possibile il diretto rapporto con il Cristo al piú gran numero di uomini, incarnati e disincarnati.

Quel giovane ricco era colui che divenne Christian Rosenkroitz, ovvero colui che per primo pose le basi per una ascesi dal pensare legato ai sensi, ovvero il pensare attuale, ad un pensare liberato dai sensi, un pensare umano, ma che risiede nell’ambito spirituale, ovvero il punto in cui la sapienza divina e quella umana sono congiunte, ma in cui l’uomo rimane perfettamente cosciente di tutto il processo.

Tratto da L’Uomo Interiore di Massimo Scaligero ed. Mediterranee.

Il pensiero razionale è l’ultimo gradino della conoscenza, ma proprio per questo risulta il primo per la risalita. Questo pensare è l’attività, unica, nella quale l’uomo può avere un relazione immediata con sé: l’intelletto raziocinante, infatti, lo isola, sia pure astrattamente, dalla natura, dal sub-conscio, dal sentire, dalla sede della volontà organica.
[...]
Chi conosca il senso dell’Iniziazione ricollegante l’uomo con il Sovrasensibile nei nuovi tempi, tuttavia sa che nel pensiero astratto può essere resuscitata l’interna dimensione, in forma cosciente, così che, non venendo lasciato il filo del pensare, ma trasmutandosi epperò [quindi] convertendosi il suo processo dialettico, possa essere ritrovato lo Spirito, ulterirmente creatore.

Il pensiero razionale, pur essendo nato come attività logica stimolata dall’esperienza sensibile, non si sarebbe dovuto limitare a questa funzione formale e astratta, ossia a rimanere legato alla dimensione nata dalla correlazione esteriore, ma sarebbe dovuto divenire potere cognitivo di tale dimensione, epperò [quindi] avrebbe dovuto sviluppare la forza di svincolarsene: essa non avrebbe avuto altra funzione.

E già si può dire che l’uomo è in ritardo rispetto a simile compito, essendogli sfuggito il momento in cui il pensiero astratto esigeva la propria conversione, o liberazione: non fatale o necessaria, in quanto procedente dall’atto di libertà.

Anche quando si rivolga a temi metafisici, tale pensiero sempre si modella secondo le percezioni sensorie e della loro eco è improntato: non è il vero pensare, ma il pensare che si è formato unicamente nel rivestire di contenuti sensibili e la cui forma non cambia per il fatto che astrae da essi rivolgendosi a temi ideali. Perché cambiasse la forma, i temi ideali dovrebbero essere percepiti direttamente, oltre la loro veste discorsiva, nella loro interna vitalità, ossia con la stessa vitale percettibilità con cui si hanno le percezioni sensibili onde si passa da un mondo di ragioni e di riflessioni a un mondo di essenze concrete: ma ciò è come dire che occorrerebbe percepire il pensiero. Un simile compito è appunto quello che si tenta indicare.

Il pensiero non si sarebbe dovuto limitare alla modellazione del sensibile: tale mediazione è stata soltanto il primo momento di un atto che invero non si è compiuto: che si sarebbe dovuto compiere, in quanto il pensiero potesse passare dalla mediazione sensibile alla mediazione di sé, sino a percepirsi come attività pura, “libera dai sensi”: perché solo un tale pensare, nel suo attuarsi animandosi di vita originaria e ritornando pura forza interiore, può penetrare il segreto del mondo, in quanto ne è l’essenza oggettiva: può infine penetrare la Materia, superare il Materialismo.

Il pensiero che si limita a riflettere il sensibile, non può essere il pensare, in quanto non ha se stesso e perché, non avendo sé stesso, non ha neppure l’oggetto: è un pensiero che può solo limitarsi a “misurare”, a razionalizzare astrattamente l’essere, senza mai afferrarlo, in quanto non avverte che l’essere a cui si rivolge come ad un altro, comincia, inavvertito come suo puro essere. L’essere che esso concepisce come oggetto ha inizio nel suo stesso concepire: nel punto in cui nasce, è pensiero. Ma in pari tempo è auto-percezione, in quanto nasce per l’Io come prima autentica percezione dell’essere: la quale non può venir mai dal pensiero astratto, il cui limite è il mondo della quantità e la cui massima possibilità creativa è la macchina, presso ad una Cultura che è il tentativo di consacrazione di un universo atrattificato e meccanizzato. Il processo verso una simile sistemazione del mondo, può essere arrestato soltanto dal disincantamento dell’attività pensante da cui il cosmo materialistico è emanato.

Il disincantamento consiste nel poter avere come oggetto dell’esperienza il pensare, così come si è avuto mediante il pensiero l’esperienza dell’oggetto.

Il “pensiero libero dai sensi”, grazie all’ascesi del proprio movimento, giunge ad avere come supporto se stesso, così come prima aveva quali supporti la percezione o la rappresentazione. In realtà, il pensiero è sorto non per limitarsi alla forma astratta, ossia alla mediazione del mondo esteriore, ma la percezione di questo doveva essergli punto di partenza, che gli desse modo di giungere alla mediazione di sé: soltanto grazie ad una simile auto-mediazione il pensare potrebbe esprimersi nella sua forma essenziale, come forma del Superindividuale. Sperimentandosi di qua dalla riflessità, che le è stata pur necessaria ad esprimersi, il pensiero attua nell’”individuale” una dimensione superindividuale, così che tanto più esso si fa individuale quanto più attinge alla interiorità. Per esso la massima individuazione coincide alla universalità: processo, come si vede, inverso a quello dell’Io contingente, che è tanto più antiuniversale quanto più è individuale.

Il pensare che mediante la concentrazione si attui, “lasciando” il mezzo che è servito al suo manifestarsi, può percepire sé stesso come essere: è sollevato al livello in cui non è riflesso, astratto e dispiegato nel tempo. Tutti i momenti del tempo infatti sono compresi in esso, essendo estinta la serie delle rappresentazioni analitiche, sino a quel contenuto istantaneo in cui è intuito estratemporalmente l’oggetto della concentrazione: la sua sintesi è il suo sorgere come realtà.

In un solo punto si può avere tutto il pensare nella sua verità e nella sua pienezza. Proprio nella sua istantaneità è la sua interezza: in un lampeggiamento è tutto e attuale. Non è più speculare o filosofare. Ché l’essere del pensare ora è il pensare stesso come volere: ogni forma del pensare non può astrarre da esso, ma lo esige di continuo e lo manifesta, anche se poi diviene riflessità.

Le forme del pensiero rimandano a una forza formatrice eterna che non è riducibile a un dato ordine o tipo di pensiero, ma opera come inesauribile connessività delle forme stesse: come tessuto originario del pensare. L’essere del pensiero e questo tessuto e queste forme, non il colorito personale, non le veste discorsiva, in cui ha le sue incidenze. Le incidenze, tuttavia, sono la dinamica infinita e diveniente del pensare che comincia ad essere cosciente.

In colui che medita, l’essere del pensare esprime se stesso come pensiero e il pensare si rivela come essere. Il pensare non è certo lo Spirito, ma il primo articolarsi dello Spirito nell’essere, onde, risalendo la corrente del pensare, si ritrova lo Spirito, che tuttavia si media nel pensare: certo in un pensare non condizionato dall’esistere, in un pensare che sia, non in un pensare che si estingua nel sensibile. Ecco perché si è nel pensare, non fuori del pensare: non si è, dunque, nel pensiero astratto, ma, sempre, nel momento dinamico del pensiero che comunque precede l’astrattezza del pensiero: momento vitale dello Spirito del pensiero, sempre estinto nella riflessità, ma che, mediante la concentrazione, può essere attuato, può essere vissuto di qua dalla riflesità. Da questa si può risalire alla Luce che la suscita. Ma occorre prima intendere la immanente inevitabilità del pensare. Si può sognare di essere fuori del pensare, ma anche un simile sogno è mediato dal pensare: dal pensare che ignora il proprio essere e perciò riflette modi di quel suo temporaneo supporto che è l’essere, l’essere-fuori-di-sé dell’essere.

Tutto questo per dire che nonostante i nostri fallimenti: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio», se confidiamo nella grazia di Gesù Cristo, non falliremo. La via è stata indicata: educare l’anima per essere pronta a lasciare tutti i suoi beni (il pensiero vincolato al corpo fisico) e seguire il Cristo (tramite la via indicataci da Rudolf Steiner e Massimo Scaligero: la via del pensiero svincolato dai sensi) cosicché la forza del Cristo potrà fluire dal mondo spirituale al mondo degli uomini.

Tratto da “Il Logos e i nuovi misteri” di Massimo Scaligero ed. Teseo

Quando si sia consapevoli di padroneggiare la disciplina della concentrazione, ci si può esercitare ad avvertire il sorgere di un pensiero e a coglierlo prima che assuma forma dialettica, sì da seguirne il movimento, in quanto prosegua in tal modo il proprio percorso, non venendo riflesso. Se si è attenti, si vede questo movimento congiungersi con il cuore. L’esperienza ulteriore consiste nel tener fermo al livello di questo passaggio del pensiero non riflesso dalla testa al cuore: livello che si smarrisce, se si viene presi dalla sensazione di beatitudine che legittimamente emana dal cuore, non come moto sensibile, bensì sovrasensibile, e tuttavia destinata a scadere nel corporeo, se immediatamente sentita. La prevenzione mistica è l’impedimento: il non scorgere la priorità del pensiero-forza.
L’esperienza autentica comincia quando la percezione del pensiero non dialettico fluente verso il cuore, dà modo di avvertire il formarsi del pensiero che gli è immediatamente connesso e anche questo si coglie prima della forma dialettica e lo si vede avviarsi verso il cuore: e si sa che si congiunge, con il cuore, mentre si è attenti al pensiero immediatamenente successivo, con il quale viene ripetuta l’operazione, e così via: come accogliendo un tutto sopramentale che si da ritmicamente: un Universale percepibile grazie alle forze che si sviluppano nell’esistere fisico, che appunto esige il pensiero capace di immersione nel fisico, ma simultaneamente la sua redenzione secondo la sorgente del cuore.
E’ questa la preliminare via, mediante la quale la corrente del pensiero accoglie l’elemento vivente, che, in quanto vivente, è in sé, predialetticamente, congiunto con la corrente del cuore. E’ la via che prepara l’esperienza del Cristo nel pensiero. Il fluire del pensiero diviene fluire della Forza-Cristo, in quanto ogni pensiero realizzi la propria conversione nel sorgere. Tale fluire non può rimanere pura sopramentale Luce: deve entrare nel mentale umano, dove normalmente si corrompe come pensiero dialettico. La conversione del quale è appunto l’accendersi cosciente del suo momento sorgivo, predialettico.
Viene a questo punto afferrato un Rito segreto del Pensiero, che introduce ai Nuovi Misteri e apre il varco alla corrente rigeneratrice della Terra. La preparazione a tale Rito è opera del discepolo, ma la sua forma e il suo contenuto gli rimangono sconosciuti, fino al momento in cui il Mondo spirituale non gliene consente la percezione. Non è lo sperimentatore che può giudicare, ancora entro i limiti individuali, la propria maturità a ciò.
[...]
Nel pensiero puro fluisce l’elemento sempre nuovo dello Spirito, indipendente dal passato, e perciò dal karma. In tale fluire lo sperimentatore ha la possibilità di un rito segreto del pensiero, in cui si attua il contenuto vitale dell’Avvento del Cristo: che è il senso finale del pensiero: la correlazione dell’umano con il Divino, la resurrezione del sentire spirituale, mediante il quale il Divino penetra nell’umano.

Il pensiero svincolato dai sensi è la spada a doppio taglio di cui parlava San Paolo nella seconda lettura, “che divide l’anima dallo spirito”, solo in questo modo sarà possibile non subire la soggettività causata dal comune pensare vincolato ai sensi e alla psiche.