Commento allo squalo di Isidoro

L’altro ieri sera volevo uscire, a Roma soffia un vento caldo, l’estate ormai e nel suo pieno vigore, il tempo delle meditazioni e degli esercizi sembra lontano, pelle abbronzata e piedi scalzi hanno preso il posto di spilli e matite.

Ma da lassù (dal doppio?) arrivano tutta una serie di tirate d’orecchie: contrattempi, piccoli malanni, incidenti ecc. per non farmi partire per la tangente. Così dopo l’ennesima avversità ho deciso di rinunciare all’uscita. Nella strada del ritorno a casa ho letto l’oroscopo di Rob Brezsny che diceva: “In un campo di grano, anche la rosa più bella e voluttuosa è un’erbaccia.” Questa frase mi ha colpito e sono andato a dormire con questa frase nella mente.

Stamattina vi ripensavo, ripensavo alla mia situazione, a quale veramente fosse l’ambiente in cui ho più probabilità di dare il meglio di me stesso. Quindi ho cercato di verificare se quell’ambiente fosse quello antroposofico, ovvero quello a cui sento un’affinità particolare. Così il mio pensare è volato allo squalo che isidoro ha postato ultimamente sul sito ecoantroposofia.it, e ho visto i vostri commenti, in particolare la risposta di Giovi del 2009, che considero un bel raggio di luce, compresa la frase dei ricordi di isidoro.

Queste frasi ignettano ottimismo e voglia di ricominciare, ma poi mi trovo in ufficio, e fare la concentrazione nel cesso mi sembra non opportuna e così lo squalo riprende in mano le redini della mia anima e ripenso a tutti i sedicenti antroposofi (compreso me), che non sono riusciti a cambiare veramente la propria vita. Perché?

Così al mio pensare s’è affacciata l’immagine del giovane ricco, che si getta in ginocchio ai piedi di Gesù, con la stessa domanda: Perché non riesco a cambiare la mia vita? Gesù risponde con i comandamenti (che forse oggi potrebbero essere gli esercizi?). Ma il giovane dice che già li rispetta da tempo, allora Gesù fissatolo, lo amò e gli disse di vendere i propri beni e darne il ricavato ai poveri. A quelle parole il giovane se ne va afflitto.

E a seguito di questo fatto, Pietro ribadisce a Gesù che loro (gli apostoli chiamati da Gesù), hanno lasciato ogni cosa e lo hanno seguito, e Gesù risponde con questa sentenza: «Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi primi».

A differenza del giovane ricco, che non è stato chiamato da Gesù, ma da cui parte internamente un impulso che gli fa riconoscere in Gesù una consonanza con Dio (infatti nella versione di Luca quel giovane attribuisce a Gesù l’appellativo di maestro buono), i 12 sono stati chiamati da Gesù. Steiner ci dice (Conferenze sul Vangelo di Marco) di un karma precedente dei 12, incarnati nei sette figli della vedova e i cinque figli di Mattatia (leggetevi la loro storia per capire da dove provenivano gli apostoli 1Maccabei – 2Maccabei), che già avevano sperimentato in vite precedenti, la povertà e la disperazione più assoluta, quindi già pronti per la grande missione a loro affidata.

1 Maccabei 1,26;

Gemettero i capi e gli anziani,
le vergini e i giovani persero vigore
e la bellezza delle donne svanì.
Ogni sposo levò il suo lamento
e la sposa nel talamo fu in lutto.

Loro, gli apostoli, sono i primi.

Il giovane ricco invece ha un altro passato. Judith von Halle (E se Lui non fosse risorto. Le stazioni del Cristo nel cammino verso l’uomo spirituale), dice di aver riconosciuto nelle sue visioni, questo giovane ricco, con quello che nei vangeli è Lazzaro.

Colpo di scena!

Non voglio addentrarmi nella rete delle incarnazioni, ma questa notizia associa nella mia anima, la consapevolezza che il nuovo, il discendente di Caino, ovvero della corrente di coloro che oggi devono venire santificati dal cristianesimo, ha una partenza subito smorzata.

Accenno solamente a quello che Rudolf Steiner (O.O. N° 93) disse delle 2 correnti, cainita e abelita:

«Vi è un divario fra la femminile saggezza dei sacerdoti e l’aspirazione maschile: ci viene presentato nella leggenda di Caino e Abele. Abele era un pastore: egli si dedicava alla vita che già c’era. Egli è il simbolo della forza divina ereditata, che nell’uomo agisce come saggezza che egli non conquista da solo, ma che fluisce in lui. Caino crea il nuovo da ciò che l’ambiente gli offre. Egli rappresenta la saggezza passiva maschile che deve prima venir fecondata dall’esterno, che va nel mondo per raccogliere e per creare dalla saggezza accumulata. Caino uccise
Abele: la saggezza maschile si difende contro la saggezza femminile, perché sente che deve conquistare la sapienza fisica e trasformarla. …Dopo che Caino ebbe ucciso Abele, Jehova assoggettò la stirpe di Caino a quella di Abele. Questo significa che originariamente la sapienza terrestre [cainita] si rivoltò contro quella sacerdotale [abelita] e fu sconfitta, infatti il principio di Abele venne perpetuato da Seth [Genesi 4,25] e tutta la sapienza terrestre fu soggiogata da quella dei sacerdoti».

«Secondo il mito, all’inizio del genere umano nel mondo abbiamo due correnti. Una è quella dei figli di Caino, generato da uno degli Elohim con Eva; sono i figli del mondo presso i quali troviamo le grandi arti e le scienze; è la corrente messa al bando, che deve venir santificata dal Cristianesimo quando verrà il tempo della quarta parte costitutiva umana. L’altra corrente è quella dei figli di Dio [Abeliti] che accompagna gli uomini fino all’affermazione della quinta parte costitutiva. Sono quelli generati da Adamo».

Lazzaro, il giovane ricco che si getta con entusiasmo ai piedi di Gesù, dapprima se ne và triste, afflitto. A questa immagine associo l’odierna antroposofia, quella di oggi, quella che fatica a partire, che cammina triste e con il senso di colpa per non essere stata in grado di far fruttare l’insegnamento ricevuto dai suoi maestri. Ma l’associazione Lazzaro = giovane ricco, mi rincuora, pensando che al momento opportuno una “malattia” sopraggiungerà non [...] per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato, e questa sarà la premessa per la trasformazione dal Lazzaro che c’è dentro di noi antroposofi, al Giovanni (simbolo dell’uomo nuovo).

Questa visione, associa all’oscuro catastrofismo che gira in qesti tempi, una valenza positiva.

Questo non significa che non serve fare più esercizi o meditazioni (infatti la prima cosa che Gesù dice al giovane è di seguire i comandamenti, e non tutti, solo 6 secondo Marco e Matteo, 5 secondo Luca), ma è solo il tentativo di spiegare uno dei possibili motivi dell’attuale ristagno antroposofico, ma anche la speranza che al momento opportuno, gli antroposofi attivi saranno chiamati da Gesù-Cristo ad uscire dal proprio sepolcro.

«Lazzaro, vieni fuori!»

Un saluto a tutti, Pierfrancesco.