Un problema di alimetazione o di respiro? (Esercizi complementari)

Udo Renzenbink, nel suo “Alimentazione e Scienza Spirituale” racconta:

”E.Pfeiffer rivolse a Rudolf Steiner la seguente domanda ‘Come mai, nonostante i suoi grandi e numerosi insegnamenti, l’impulso spirituale e specialmente la via della disciplina interiore sono così poco efficaci, e coloro che si impegnano possono rilevare così poche manifestazioni di esperienze spirituali? Come mai soprattutto, nonostante lo studio teorico, la volontà d’azione è così debole?’ La risposta di Rudolf Steiner fu la seguente: È un problema di alimentazione.”

Un saluto a chi leggerà questo post. Questo post vorrebbe monitorare il legame tra gli alimenti ingeriti e l’esperienza della percezione della forza-pensiero descritta da Massimo Scaligero nei suoi testi, percepibile durante l’esercizio della concentrazione.

Questi pensieri mi sono venuti in questo fine settimana dopo aver letto un topic sul forum ecoantroposophia che parlava di come la nostra alimentazione influisce anche sullo sviluppo spirituale. Il topic è questo: Crudeltà e gentilezza con i cereali.

Ad una prima lettura mi sembrava di capire che l’autore del post indicava una corretta alimentazione, specialmente per quanto riguardava l’uso dei cereali, al fine di evitare nel tempo il formarsi di formazioni cancerose. Ma io vi associai (vedi questa risposta) anche il significato che un cibarsi scorretto poteva influenzare anche lo sviluppo spirituale a livelli profondi come quello della volontà,  come anche indicato da Michel Joseph nel suo seminario a cui rimando la lettura (post precedente a questo).

Con una certa sorpresa notai che dopo quell’intervento le posizioni generali ritornarono molto meno estreme nei confronti dell’importanza attribuita al cibo, nei confronti dello sviluppo spirituale. Rimaneva esclusivamente aperta la questione dell’alcool.

L’anno scorso (2012) per diletto iniziai a produrre la pasta lievita per la produzione di pani fatti in casa. Dopo circa 20 giorni, la pasta era pronta. Con mia enorme sorpresa,  dettata dall’ingnoranza, scoprii che i lieviti producono alcool. Da una pasta lievita 50%, mischiata a farina nuova 50%, i lieviti si riformavano con un giusto equilibrio tra lieviti acidi e lieviti alcolici.

Se la farina nuova era minore del 50%, vincevano i lieviti acidi, al contrario vincevano quelli acolici. In questo caso l’odore di alcool era molto forte e io ebbi il timore che quello avrebbe potuto compromettere gli esercizi di concentrazione.

Devo anche dire che il 2012 è stato un anno molto rivoluzionario per me, in quanto dopo vari tentativi falliti per mamcanza di costanza, da gennaio del 2012 l’esercizio della concentrazione iniziò a dare i suoi frutti. Per la prima volta percepii la forza-pensiero descitta da Massimo Scaligero (o almeno lo credetti fermamante). Tale magica situazione durò circa due mesi. Mi sentivo rinvigorito fisicamente, e avevo quella felicità che si ha quando si è certi di percorrere il sentiero giusto. Iniziavo ad accorgermi durante la giornata, dei momenti in cui subivo l’attacco istintuale e accorgendomene potevo vincerlo. Anche nella vita di tutti i giorni potei portare questa gioia, specialmente il un gruppo di antroposofi con cui si era stabilito un vero sentimento di amicizia.

Ad un certo punto, forse a marzo, mi ammalai come un avvelenamento da cibo scaduto, con vomito e a seguire diarrea. Dopo questi due tre giorni di patimento, ritornai alla mia vita, ma si bloccò ogni forma di percezione spirituale. All’inizio attribuii la cosa alle medicine che nel frattempo avevo iniziato a prendere: fermenti vivi, ma poi passando le settimane iniziai a trovare cause in altri ambiti. C’era stata una discussione con dei ragazzi di Eco e pesai che il rancore che nel fondo provavo per quelli, era stato il motivo per cui il mondo spirituale non mi riteneva più degno di quella esperienza.

Continuai comunque ad essere fedele agli esercizi e ogni tanto, anche se molto di rado rispetto a prima, potevo percepire ancora quella sensazione di gioia, durante la concentrazione. Il gruppo (antroposofico?) al quale partecipavo, si era dato una data per prendere delle decisioni sul proprio futuro: pentecoste. I giorni che precedettero quell’incontro furono molto profiqui, la fontana sembrava essersi riaperta. Ma al fallimento del gruppo, cessarono anche le esperienze. Arrivò l’estate e bonanotte.

A settbre decisi di riprendere le attività. Con il ripartire della scuola dei bambini, anche gli esercizi ricominciarono, ma non c’era verso di riprodurre quella pacatezza d’animo che si era prodotta spontaneamente all’inizio dell’anno precedente. Pensai che la grazia poteva essere elargita dal mondo spirituale per un motivo speciale e non per esaltare se stessi. Comunque continuavo con l’esercizio della concentrazione. Non riuscivo ad andare oltre, mi dicevo che se non riuscivo a fare bene quello, che senso avesse il continuare con gli altri?

A dicembre ebbi un altra crisi, come quella di marzo, anche qui pensai di aver mangiato qualcosa che poteva avermi fatto male e anche in questo fine setrimana di gennaio 2013, ho avuta una ulteriore ricaduta.

Stavolta però ho provato ad indagare la questone. La componente principale sulla mia alimentazione è il frumento: pasta, pizza e pane non mancano mai. Così mi sono chiesto se tutto quell’amido non fosse troppo e fermentasse nel mio intestimo producendo alcool. E che a volte quell’alcool era così tanto, da provocarmi i postumi di una sbornia.

Fin qui, quello che scrissi il 21 gennaio 2013 e che non pubblicai, in quanto non ne ero veramente convinto.

Oggi 9 luglio 2013, riprendo in mano questo post e posso aggiungere che durante l’anno, ho percepito chiaramente come il solo esercizio della concentrazione (così come io l’ho affrontato) arriva ad un punto in cui, se non viene supportato da un rafforzamento della volontà, cede (almeno in me) a galleggiamenti luciferici: la sensazione di beatitudine che ho a volte provata, a seguito di concentrazioni prolungate, poi nel tempo diventava la sensazione ricercata come fine, e ritrovandola durante la concentrazione, non riuscivo ad andare oltre. La cosa accadeva anche perché l’oggetto mèta della concentrazione, rimanendo per varie settimane, lo stesso, o cambiando nell’ambito di 5/6 oggetti a semestre, iniziava a determinare una certa facilità-automazione nella produzione dei pensieri e nessi collegati. Questo fatto faceva sì che tendevo a bypassare la parte di descrizione in parole pensate, con la costruzione dell’oggetto stesso tramite immagini, cosa che velocizzava tutto l’iter, impedendo la formazione di un rafforzamento del pensiero, capace di tenere botta, quando sopraggiungeva la sesazione di beatitudine.

Col passare dei mesi notai, che in me era pressocché assente la componente di volontà. Iniziai così a praticare il secondo esercizio e mi resi conto che dimenticavo molto spesso di farlo, specialmente se impegnato in questioni lavorative. Io sono un programmatore e il lavoro mi costringe a continui aggiornamenti sulla situazione dell’evoluzione dei linguaggi di programmazione, e su come applicare le nuove tecnologie ai prodotti che produce la mia azienda. Notavo che quando ero immerso in questi momenti di studio/esperimento informatico, piombavo in uno stato “fuori del tempo”, e a sera mi rendevo conto che era finita la giornata e che avevo dimentcato i miei impegni “esoterici”.

Rafforzando quindi questa presenza in me, notai che si stavano creando i “muscoli” per la tenuta del pensiero, anche durante i momenti in cui tendevo ad essere sopraffatto dalle sensazioni di beatitudine.

La frequentazione dell’attività sportiva del nuoto, durante quest’anno mi ha permesso di fare delle considerazioni riguardanti la mia vita spirituale. Nuotando, vedevo che immergevo la faccia nell’acqua ed espiravo, poi riemergevo e inspiravo aria. Andando ad una certa andatura, la respirazione normale diventa insufficiente, e si necessita di inspirare a pieni polmoni, ma soprattutto (e questa era per me la cosa più difficile) bisognava che tutta quell’aria, doveva uscire fuori. Tutta!

Capitava invece che non riuscivo a espirare completamente, per mancanza di tempo, o per mancanza di addominali/diaframma, che avrebbero dovuto spingere via l’aria dai polmoni. Questo causava il fatto, che quando poi inspiravo, entrava poca aria nuova, e così dopo poche vasche, dovevo fermarmi per riprendere fiato. Pensai così agli esercizi complementari: quando li facevo, era come quando nuotavo, ovvero iniziavo a caricarmi di energie che non riuscivo a consumare nella vita quotidiana, non svuotandomi completamente, al successivo esercizio, avevo meno da riempire.

Tanta più forza-pensiero scende, quanto più vuoti ci trova durante l’esercizio. Specialmente dopo una malattia, ad esempio un’influenza, sentivo scendere la forza, mentre già dopo qualche giorno (ormai guarito) essa diminuiva fino a sparire. E me ne accorgevo dalle brame che sopravvenivano, dai pensieri “altri” che si intromettevano, dalla smania e dalla frettolosità che la giornata mi imponeva.

Quindi capisco che non avendo strutturato una vita in cui la capacità di dare al prossimo, sia presente in maniera strutturata, gli esercizi della volontà (2° dei complementari), contribuiscono a questo scopo. Ovvero fare un atto di volontà, aiuta ad inserire le forze accumulate, in un circuito di autodeterminazione. Capisco che senza un aiuto, una grazia divina, è pressocché improbabile che con la vita che faccio, trovi le condizioni per portarmi ad un livello minimo utile per esperienze che non siano solo momenti isolati, ma strutturali e continuative. Scaligero trovò questa grazia dirante il periodo in cui si trovava in carcere, ma la trovò perché per molto tempo si era esercitato in maniera tale che poi, durante quel periodo di cattività, invece che smaniare e lamentarsi, trovò quella limpidezza mentale che gli suggerì di utilizzare, tale triste situazione contingente, per fare gli esercizi e in quell’ambito, unico nel suo genere, riuscì a fare esperienze continuative.

Così anche io, nonostante sappia che con questi ritmi che ho, con questi esercizi che non so ancora come gestire, non essendo ancora in grado di espirare completamente quelle forze, che trattenute avvelenano tutta la respirazione, sono costretto a momenti di recupero. Ovvero l’estate che è iniziata, mi porta per il momento a fermarli temporaneamente. Nella speranza che anche io, nelle condizioni particolari della vita, sappia avere quella lucidità, quell’intuizione, che permise a Scaligero di saper mettere a frutto anche un periodo di prigionia forzata.

Un saluto e buona estate a tutti.

2 pensieri su “Un problema di alimetazione o di respiro? (Esercizi complementari)

  1. Grazie, veramente grazie per questi resoconti: sono un dono e sono frutto di generosità,. Che io colgo con enorme gratitudine

    • Grazie a te, che con le tue parole hai rincuorato, chi credeva di aver solo sparso parole al vento.

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